IL PRIMO BRANCO
Storia della famiglia di lupi che ha (ri)conquistato il Parco
Di Bruno Boz, Ivan Mazzon e Roberto Sacchet
Fino a qualche anno fa, il passaggio di lupi solitari sulle Alpi faceva notizia, mentre oggi le segnalazioni si susseguono con buona frequenza, al punto da non destare più troppa attenzione. Quello che invece è tuttora interessante monitorare è la colonizzazione di nuovi territori da parte di neoformate famiglie di lupi. Forse era proprio questo aspetto ad aver spinto Ivan già nel 2017 a posizionare una videotrappola in un passaggio strategico diretto verso le aree interne del Parco. Due nuovi branchi si erano formati negli anni precedenti nelle non lontane montagne del massiccio del Grappa e della sinistra Piave e tutti pensavamo che la colonizzazione delle aree inserite nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, poco disturbate e ricche di potenziali prede, potesse avvenire in tempi brevi. Eppure i mesi passavano e questa ipotesi non trovava conferma.
Nel corso della primavera del 2018, la pista rinvenuta dal Reparto Carabinieri Forestali del Parco (L’inizio di un ritorno) e in seguito da Bruno e Roberto (post 1) aveva riacceso le speranze.
Nonostante queste avvisaglie, quando la sera del 31 maggio 2018, in uno dei filmati (guarda il video) ripresi da quella fototrappola sono apparsi, come per magia, non uno, ma due lupi, Ivan non ha potuto trattenere la sorpresa ed una frase urlata a gran voce: “Abbiamo un branco!!!”. Forse in quell’occasione era azzardato già parlare di branco, ma con il tempo quell’esclamazione si rivelò corretta e quella immortalata risultò essere proprio la coppia alfa che aveva da poco occupato in modo stabile quel territorio.
L’occasione di documentare una storia di natura appena iniziata in un territorio straordinario e selvaggio era irripetibile e da subito, in accordo con il Parco ed il Reparto Carabinieri Forestali del Parco, ci siamo attivati per monitorare l’evoluzione della situazione.
Quella narrata in queste pagine è la storia di quella famiglia di lupi, una delle tante che oggi sono tornate spontaneamente a rioccupare le Alpi, dopo oltre 2 secoli. Una storia basata su osservazioni dirette ed indirette raccolte in oltre 2 anni e mezzo di uscite che inevitabilmente documentano una piccolissima parte delle attività dei lupi; una storia filtrata dagli occhi elettronici delle videotrappole e dai nostri occhi di esseri umani. Quel che è veramente successo in quelle remote vallate in questi mesi lo sanno solo i membri di quella famiglia di lupi.
La conoscenza del territorio
La letteratura indica che una coppia neoformata di giovani lupi che ha appena colonizzato un territorio, nel corso di quell’annata generalmente non si riproduce, ma utilizza il tempo per esplorare e conoscere la nuova area di occupazione in ogni dettaglio. Così è stato nel 2018 anche per la coppia del Parco. Nei primi mesi le osservazioni attraverso le videotrappole sono state costanti, ma piuttosto sporadiche; la coppia compiva grandi spostamenti, dimostrava un comportamento particolarmente elusivo e abitudini prettamente notturne. Inoltre, pesava la nostra inesperienza: anche noi infatti avevamo iniziato un percorso di “conoscenza del territorio”. Si trattava di muoversi in aree già conosciute con occhi nuovi; bisognava iniziare ad entrare nelle logiche di spostamento dei lupi, capire dove poteva aver senso posizionare le videotrappole, imparare ad interpretare le impronte, intuire dove cercare le carcasse, iniziare a ragionare, per quanto possibile, come ragionano i lupi.
Nel corso dell’estate 2018 si iniziarono ad osservare con maggiore frequenza indizi della presenza di lupi nei territori del Parco. Seguendo le tracce fu possibile iniziare a comprendere come si muovevano nel territorio e posizionare in punti di interesse le videotrappole. (Foto di Roberto Sacchet)
L’estate era iniziata e, dopo aver rinvenuto una prima predazione di capriolo fuori Parco, abbiamo iniziato a trovare con buona frequenza delle predazioni di mufloni nelle praterie di alta quota. A guidarci, i movimenti dei corvi e la puzza nauseabonda delle carcasse; anche quella era una grossa novità per chi come noi aveva sempre operato in territori privi di predatori naturali per gli ungulati, e di fronte ad una carcassa semi consumata provavamo emozioni contrastanti. Eppure, per chi aveva passato molto tempo a leggere e studiare libri di ecologia non sembrava vero poter osservare con i propri occhi questi rinnovati equilibri fra prede, predatori e spazzini.
Tra i video registrati dai nostri strumenti in quel periodo ci aveva colpito in particolare un filmato notturno ripreso fuori Parco, che ritraeva la coppia compiere effusioni e giocare spensieratamente. Dall’analisi di questo ed altri filmati si apprezzava la grande differenza di stazza fra maschio e femmina ed alcuni segni caratteristici che ci sarebbero tornati molto utili in seguito: il maschio presentava le macchie diagnostiche scure sulle zampe anteriori poco marcate e la femmina una coda più corta della norma. Poco lontano da lì, nei giorni precedenti, si era registrato un episodio di predazione su alcune pecore appartenenti ad un gregge incustodito, con buona probabilità imputabile ai lupi.
Da allora e fino alla fase di stesura di questo articolo, non si sono più verificati episodi di predazione su animali domestici attribuibili a membri di questo branco.
A settembre del 2018 la prima fotocamera reflex con sensore posizionata nel Parco ci ha regalato il ritratto ravvicinato di uno dei due lupi, sorpreso con una porzione di cervo fra le fauci (post 10). Era la prima immagine di lupi in alta qualità mai realizzata nel Parco e forse il vero inizio del progetto video-fotografico “Il sentiero dei lupi”, che avrebbe preso ufficialmente il via svariati mesi dopo. Dopo questo primo “successo” nessuno di noi aveva immaginato che grazie all’intelligenza e alla prudenza dei lupi avremmo dovuto aspettare altri 15 mesi prima di ottenere un’altra immagine apprezzabile di lupo attraverso questa tecnica fotografica.
Con l’arrivo dell’autunno la coppia sembrava stazionare maggiormente all’interno dell’area protetta e le osservazioni indirette avvenivano principalmente in quota, sopra i 1.500 m, dove abbondavano mufloni e cervi, distratti dal periodo degli amori.
Il caldo anomalo non lasciava presagire nulla di buono ed il 29 ottobre impetuosi venti di scirocco generati dall’enorme depressione “Vaia” hanno travolto le vallate bellunesi, modificandole per sempre. Dopo esserci leccati le ferite, abbiamo ricominciato quasi subito a seguire le vicende dei lupi, muovendoci con enormi difficoltà lungo strade franate, sentieri inagibili, alberi schiantati e paesaggi profondamente trasformati. L’inverno, nel frattempo, bussava timido alla porta ed i lupi sono rimasti in alta quota fino a fine dicembre. La poca neve a terra ne svelava i percorsi e ci permetteva di seguirne gli spostamenti e di capire molti aspetti della loro vita (post 15): si intuiva che molti dei loro spostamenti in quella fase erano legati più ad una attività di controllo e marcatura del territorio, dato che ormai le prede erano scese di quota.
Con la discesa a valle dei lupi, le nostre poche certezze sono venute meno. Abbiamo dovuto ricominciare quasi da zero a cercare tracce dei lupi in territori dei quali avevamo, fino a quel momento, pochissime informazioni; si procedeva per tentativi, si giocava sulle intuizioni, si ragionava con delle mappe aperte davanti. Alla fine, siamo riusciti ad individuare alcuni siti di frequentazione dei lupi nei versanti assolati posti fuori Parco e soprattutto nei fondovalle, lungo gli alvei dei torrenti rimodellati da Vaia. Proprio questi corridoi risultarono essere uno dei territori di caccia di elezione per la coppia, che sfruttava al meglio le proprie doti di agilità per inseguire i cervi fra i massi ed i cumuli di vegetazione in alveo (post 17).
Le poche videotrappole lasciate in alta quota ci mostravano intanto un’altra delle abitudini sorprendenti dei lupi: quella di effettuare periodici giri di perlustrazione e marcatura del territorio, anche in condizioni difficili e con coperture nevose molto abbondanti. A parte questo, il primo inverno è scorso via lasciandoci in eredità poche osservazioni, nessuna immagine apprezzabile e molti interrogativi aperti sulle abitudini della coppia. Nel frattempo, lontano da qualsiasi occhio umano ed elettronico, era avvenuto qualcosa di molto importante: si era da poco concluso il periodo degli amori, che nel lupo avviene in inverno.
Una nuova primavera
Ad Aprile 2019 ricominciarono le osservazioni della coppia, sempre tramite il supporto indispensabile delle videotrappole: i lupi si spostavano con maggiore frequenza in un’area del Parco situata ad una quota intermedia ed il loro costante andirivieni sembrava suggerire il fatto che fossero alla ricerca di una tana adatta ad ospitare la prima cucciolata. Quell’ ipotesi trovò un riscontro oggettivo molto importante: uno dei rari video diurni registrati mostrava la femmina, con un addome ingrossato in modo evidente, seguire il maschio lungo i percorsi abituali. La primavera era avviata, la femmina di lupo era gravida e tutto sembrava volgere al meglio, ma, come sempre, in natura gli imprevisti non mancano: una copiosa e improvvisa nevicata nella prima settimana di maggio ci riportò per alcuni giorni in pieno inverno e complicò probabilmente la vita ai lupi nel delicato momento che precedeva il parto.
Ma i lupi sono animali molto resistenti ed in grado di adattarsi ai cambiamenti e oggi sappiamo con certezza che in una finestra temporale compresa fra il 5 maggio (passaggio della femmina ancora gravida) ed il 22 maggio (video della femmina non più ingrossata e con le mammelle in evidente stato di lattazione) è avvenuta la prima riproduzione accertata di lupi nei territori del Parco, dopo oltre 2 secoli. La tana è rimasta ben celata in qualche zona protetta naturalmente; ai tempi si fecero alcune supposizioni sulla sua locazione che avrebbero richiesto di essere verificate con ricerche mirate sul campo ma, in accordo con il Parco e i Carabinieri Forestali, si decise di non addentrarsi in quelle aree per non arrecare inutili e significativi disturbi in una fase importante per la biologia del lupo: la lattazione e, a seguire, lo svezzamento. La decisione era presa: avremmo atteso i lupi nelle praterie di alta quota, sperando che scegliessero quegli ambienti come sito di rendez-vous.
Le usuali videotrappole ci rivelarono in seguito che la femmina aveva ricominciato quasi subito a seguire e supportare il maschio nelle battute di caccia, lasciando spesso i cuccioli incustoditi. La scelta di concentrare le ricerche negli ambienti aperti di alta quota ci regalò, dopo un anno e due mesi dall’avvistamento della prima pista di lupi impressa nella neve, quello che era un momento molto atteso ed una tappa decisiva da percorrere per dare un senso al nostro lavoro: l’incontro con il lupo in natura. All’alba del 7 luglio, appostati dietro ad alcuni cespugli, abbiamo potuto osservare il maschio alfa attraversare senza fretta alcune radure fra le mughete del Parco; se pure nessun animale vada mai mitizzato, quell’incontro ha lasciato inevitabilmente un segno profondo e gettato una nuova luce sulle nostre attività ed aspettative (post 14).
Nelle settimane a seguire si sono intensificate le osservazioni della coppia alfa nelle praterie alpine e questo lasciava presagire che i due lupi avessero condotto la loro prole nelle terre alte. Eppure, i cuccioli non si facevano vedere o sentire, né da noi, né dai Carabinieri Forestali impegnati nei monitoraggi e iniziava a farsi strada qualche ombra circa il loro effettivo destino. Il 28 agosto finalmente una videotrappola posizionata nei pressi di una pozza d’alpeggio mostrò l’avvicinarsi del maschio adulto con a seguito un giovane lupo, mentre un terzo individuo non identificato rimaneva nascosto fra l’erba; non vi erano più dubbi, la famiglia di lupi si era allargata e la riproduzione aveva avuto successo.
Sarà necessario però attendere ancora alcune settimane per capire qualcosa di più preciso sulla composizione del branco. Il 14 settembre la svolta: alle 19:45 l’ululato di almeno un adulto seguito da quello dei cuccioli permise di individuare la possibile zona di rendez-vous! Il giorno seguente vennero posizionate alcune videotrappole negli accessi principali di quell’area, a distanze ritenute sufficientemente prudenziali per non arrecare disturbo. Un mese dopo, al controllo delle videotrappole, abbiamo con emozione osservato 3 lupacchiotti sfilare di fronte al nostro obiettivo contendendosi un osso. Le osservazioni dei giovani, quasi sempre in compagnia degli adulti ed a volte impegnati anche in alcune missioni notturne di caccia, continuarono fino ai primi di novembre, quanto l’arrivo delle prime abbondanti nevicate, indurrà i 5 lupi a spostarsi verso i territori invernali.
Un raro filmato dove è possibile osservare il branco al completo sfilare davanti alla videotrappola: in poche occasioni siamo riusciti a riprendere tutti i componenti del branco in una sola ripresa. (Video di Roberto Sacchet)
Vita di branco
I mesi passano e arriviamo così al 2020, un anno che si rivelerà molto difficile per l’umanità, meno per gli animali selvatici. Il secondo inverno ci trova più preparati per seguire le vicende del branco e si sa, 5 lupi, con 3 giovani, lasciano tracce molto più evidenti di quelle lasciate da 2 soli lupi adulti. In particolare, avevamo individuato alcuni versanti soleggiati protetti dagli schianti o da barriere naturali ben frequentati dai lupi e continuavamo a monitorare alcune strettoie e gli alvei dei torrenti che sapevamo essere ottimali terreni di caccia. A questo proposito avevamo notato un’altra differenza significativa: il ritrovamento di carcasse appariva generalmente più arduo e da quando il branco si era allargato esse risultavano quasi sempre consumate integralmente, cosa che non avveniva in precedenza.
Tra le osservazioni più interessanti registrate dalle videotrappole si segnalano quella relativa ad un inseguimento di alcuni mufloni da parte della coppia alfa, seguita dai tre cuccioli che apparivano ancora piuttosto impacciati nel compiere questa indispensabile attività, e quelle riferite ad alcuni bagni mattutini dei lupi nelle gelide acque dei torrenti. I giovani sembravano trascorrere sempre più tempo da soli, anche se con il passare delle settimane iniziarono a seguire i genitori anche nei controlli periodici del territorio.
A fine febbraio l’ultima osservazione dei 5 lupi insieme; da allora nelle videotrappole appariranno sempre al massimo 3 lupi. Si ipotizzò che 2 giovani lupi fossero andati in dispersione lasciando il branco di origine e diretti verso un incerto destino. Mentre questo avveniva, si susseguivano le notizie inquietanti della diffusione di un nuovo virus in grado di generare gravi effetti sull’apparato respiratorio delle persone e da lì a poche settimane, mentre i lupi completavano la stagione degli amori, l’Italia entrava nel doloroso tunnel del lockdown.
Le videotrappole continuavano a lavorare in autonomia, registrando alternativamente filmati del trio, della sola coppia e, con maggiore frequenza, del giovane che si spostava da solo percorrendo le tratte apprese dai genitori e spingendosi fino alle praterie alpine ancora innevate. Con scarsa fantasia iniziammo a chiamarlo l’ “helper”.
La femmina risultò osservabile, nuovamente appesantita, fino a fine aprile per poi scomparire fino alla fine dell’estate, con l’eccezione di una breve comparsata a giugno. Le videotrappole mostravano come il maschio alfa, una volta finita la fase degli amori, fosse tornato a girare in costante compagnia del giovane helper, con cui scambiava segni di affetto e da cui probabilmente si faceva supportare nelle fasi di caccia (post 22).
Il giovane lupo chiamato helper viene ripreso con frequenza percorrere in solitaria le tratte apprese dai genitori, spesso alla luce del giorno, ma nonostante noi facessimo le stesse vie, non è mai capitato di incontrarlo. (Video di Bruno Boz)
L’estate procedeva fin troppo tranquilla, le montagne erano affollate di turisti come non mai e a differenza degli anni precedenti non si osservavano predazioni in quota, questo a suggerire che il rendez-vous potesse essere situato in qualche valle protetta posta a quote medio basse, lontano dalle nostre traiettorie e dai nostri occhi elettronici posizionati qua e là. Verso la fine dell’estate però quella situazione di stallo si interruppe e si iniziò a percepire una maggiore attività nelle terre alte, dove si tornarono ad osservare predazioni, soprattutto di cervi. Si intuiva che il branco si era trasferito in quota e da li a poco le videotrappole confermeranno queste intuizioni.
Un passaggio notturno di 3 giovani dell’anno preceduti da un possibile quarto lupo, poco distinguibile, fu il primo dato certo dell’avvenuta riproduzione del 2020. Mettendo assieme i numeri disponibili il branco risultava ora formato da 6 esemplari: la coppia alfa, un helper di un anno di età e minimo 3 cuccioli. Eppure, per chi li sapeva leggere, c’erano svariati segnali che indicavano come la consistenza del branco potesse essere maggiore. A fine settembre c’era grande fermento nelle praterie di alta quota, fra cervi in bramito e la notizia di presunti avvistamenti di lupi. In particolare avevamo gioito nel veder le splendide foto di Roberto, che aveva incrociato nuovamente la traiettoria del maschio alfa diretto a consegnare dei resti di predazione al suo gruppo famigliare (post 26).
Un’altra notizia esaltante era arrivata dai Carabinieri Forestali del Reparto CC Parco e in particolare dagli App. Sc. Q.S. Enrico Canal e Fabrizio Friz, che in una fresca mattina di fine settembre avevano osservato e fotografato 7 esemplari di lupo baciati dalla morbida luce dell’alba sulle pendici imbiancate dal primo sottile velo di neve.
Quell’incontro provava che ci fosse almeno un esemplare in più rispetto al numero minimo ipotizzato fino ad allora, ma, oltre a ciò, dall’analisi delle foto sembravano mancare all’appello alcuni esemplari adulti. Da lì a poco, il “mistero” sull’effettivo numero degli adulti venne svelato: un video notturno, ma ben leggibile, rivelava la presenza di 4 adulti: si trattava di una grande sorpresa per noi e la prova che solo uno dei lupi nati nel 2018 fosse effettivamente andato in dispersione, a differenza di quanto ipotizzato fino ad allora.
Ma le sorprese non erano finite e a distanza di una settimana, nei pressi di una carcassa di cervo da poco predata, davanti agli occhi e all’obbiettivo di Ivan sfilava magicamente l’interno branco, finalmente al completo. Come scandirà un suo emozionante messaggio vocale mandatoci quasi in tempo reale, i lupi del branco non erano 7, non erano 8 e nemmeno 9… Il branco del Parco ora contava 10 individui: la coppia alfa, due helper (giovani della prima cucciolata) e 6 cuccioli dell’anno!
Evidentemente nel 2020 la coppia di lupi che ha colonizzato il Parco ha raggiunto la piena maturità ed il territorio in questione è risultato estremamente idoneo per la presenza della specie. Questi numeri crescenti non devono impressionare o portare a conclusioni affrettate e non devono far pensare che il branco sia destinato ad un incremento costante dei numeri, come può avvenire per gli ungulati. Non va infatti dimenticato che il numero e la densità di predatori ai vertici delle catene alimentari, per ovvie dinamiche trofiche, sarà sempre molto ridotto. Non a caso il numero medio di individui di un branco nelle Alpi è pari a 5 individui, anche se fluttuazioni come quelle osservate nel Parco fra il 2019 (5 individui) e 2020 (10 individui) sono normali; va sempre ricordato inoltre che un branco occupa areali enormi (indicativamente nelle Alpi di 150 – 200 km2).
Il racconto sulla storia della prima famiglia di lupi del Parco per ora si interrompe qui, ma molte nuvole aleggiano ancora sul loro destino, soprattutto in considerazione della crescente ostilità che si registra nei loro confronti. Ciò che è certo è che questa famiglia, in questo specifico territorio ancora selvaggio e ricco di risorse, ha fino ad ora condotto la propria esistenza quasi sempre lontano dal nostro sguardo e da quello dei tantissimi frequentatori dei sentieri del Parco. Senza la possibilità di utilizzare le videotrappole, gli unici segni tangibili di presenza dei lupi sarebbero stati il ritrovamento di alcune carcasse, di impronte ed episodici e fugaci avvistamenti. In aggiunta, sempre in riferimento a quanto accaduto in questi primi tre anni, è possibile affermare che la convivenza con le mandrie presenti negli alpeggi di alta quota non ha creato significativi problemi.