Lungo il sentiero #37
Gran parte dei progetti di conservazione che mirano ad ampliare l’area di occupazione di specie animali e vegetali all’interno del loro areale di origine, oltre a garantire l’idoneità di nuovi habitat pronti ad accoglierle, devono procedere con azioni di traslocazione e cioè di deliberato ed intenzionale trasferimento di individui. Questo avviene perché molte specie non sono biologicamente in grado di ricolonizzare spontaneamente ed in tempi sufficientemente rapidi nuove zone potenzialmente idonee ad ospitarle o perché ci sono delle barriere ecologiche non superabili. Nonostante le tante false e mai comprovate insinuazioni circa una sua avvenuta reintroduzione da parte dell’uomo, nel caso del ritorno del lupo sulle Alpi non è stato necessario né riqualificare gli habitat, né aumentare ad hoc le risorse trofiche, né tanto meno procedere con azioni di traslocazione (come avvenuto invece nel caso delle popolazioni di orso in Trentino). La trasformazione degli habitat e l’aumento della disponibilità trofica (ungulati) è avvenuta infatti negli ultimi decenni a seguito di dinamiche complesse, legate in buona parte allo spopolamento delle montagne ed agli associati cambiamenti di uso del suolo, nonché alle rapide dinamiche di popolazione degli ungulati, in alcuni casi favorite da discutibili azioni gestionali, comprendenti anche introduzioni di popolazioni alloctone (post 4).
Parlare invece di traslocazione per i lupi ha poco senso, perché i lupi stessi sono in possesso di collaudati ed efficaci meccanismi comportamentali e sociali che li portano ad attuare la cosiddetta dispersione, e cioè lo spontaneo allontanamento di individui dalla famiglia e dal territorio di origine, cui è associata una (relativamente) rapida e capillare (ri)colonizzazione di nuovi territori. Infatti, il passaggio di individui da un branco ad un altro e soprattutto la formazione di nuovi branchi da parte di una neoformata coppia di individui provenienti da branchi di origine diversi è un meccanismo consolidato e fondamentale per garantire lo scambio di materiale genetico e mantenere in equilibrio la pressione trofica su un determinato territorio.
Se pure l’occupazione di nuovi areali segua dinamiche complesse (può riguardare in casi eccezionali anche l’intero branco, oppure in alcuni casi può essere momentanea), nel nostro immaginario per dispersione si intende soprattutto l’abbandono del branco da parte di lupi solitari, che possono appartenere ad entrambi i sessi, al raggiungimento della maturità sessuale (più frequente nel corso del primo e secondo anno di vita). La forzante principale che spinge alcuni lupi ad andare in dispersione è la competizione riproduttiva (nel branco è prevista un’unica coppia di riproduttori), ma anche trofica o comportamentale. La dispersione infatti avviene prevalentemente (ma non esclusivamente) nel periodo tardo invernale e primaverile. Se pure in molti casi gli spostamenti possano essere limitati a territori adiacenti all’area di origine, fin da quando si è potuto studiare i movimenti dei lupi con le tecniche di radio tracking, è emersa la straordinaria capacità di alcuni individui di percorrere distanze molto significative, anche di centinaia di chilometri (L’inizio di un ritorno). Molto spesso, questi spostamenti finiscono con la morte dei lupi (incidenti stradali, bracconaggio, uccisione da parte di altri lupi per “sconfinamento”, malattie, etc.), ma in alcuni casi permettono l’incontro di due lupi di sesso opposto e la formazione di nuovi branchi. Nelle Alpi, in questa fase storica in cui molti territori potenzialmente idonei non sono ancora occupati, alla dispersione è associato un costante aumento dell’areale di occupazione della specie, ma in nessun modo essa porta un aumento della densità di lupi in uno specifico territorio, che rimane molto bassa (anzi il mantenimento di densità locali basse è favorito proprio dalla dispersione).
Venendo al branco del Parco, non è facile cercare di capire queste dinamiche con il solo uso di video-trappole o tramite il rilevamento di tracce. Per quanto riguarda i 3 cuccioli nati nel 2019, per un lungo periodo si è pensato che ben due fossero andati in dispersione nei primi mesi del 2020, mentre uno (ripreso in questa foto in una gelida notte di fine inverno in una faggeta del Parco) è stato costantemente osservato all’interno del territorio di origine e associato alla coppia alfa. Questa prima ipotesi è stata successivamente smentita dall’osservazione di 4 lupi adulti (la coppia alfa più due dei giovani nati nel 2019) avvenuta nell’autunno del 2020. Chissà quale destino è stato invece riservato al terzo cucciolo e chissà quali cambiamenti stanno avvenendo in queste settimane nella composizione del branco, dopo il significativo incremento numerico del nucleo famigliare osservato nel 2020 (Il primo branco).
Testo di Bruno Boz