Lungo il sentiero #33
Nel post 31, sono state descritte le preferenze alimentari dei lupi nello specifico territorio del Parco ed è stata fornita una panoramica complessiva delle predazioni registrate nei primi 3 anni di osservazioni. Interessante è anche riportare come il tipo di specie predate e lo stato di consumo delle carcasse sia cambiato nel corso del triennio 2018 – 2020, a seguito dell’avvenuto incremento dei numeri di individui del branco, della maggiore capacità predatoria e della modifica delle strategie difensive delle prede.
Innanzitutto, a parità di uscite e percorrendo percorsi simili, nel corso del primo anno (2018) le predazioni osservate attraverso il rinvenimento di carcasse sono risultate maggiori rispetto ai due anni successivi: 22 nel 2018, 18 nel 2019 e solamente 12 nel 2020.
Nel corso del 2018, inoltre, si è costantemente osservato un consumo moderato delle carcasse e il muflone è risultato essere la preda più cacciata (12 osservazioni su muflone, contro 8 su cervo e 2 su capriolo). Nel corso del primo anno di occupazione del territorio il branco era composto solamente dalla coppia alfa, che una volta saziatasi, lasciava la carcassa con ancora un discreto quantitativo di carne appetibile per altre specie tra cui in particolare volpi, mustelidi, corvi imperiali e aquile. É inoltre possibile che il muflone, meno adattato all’ambiente alpino, sia risultato per i due giovani lupi meno problematico da cacciare rispetto al cervo. Circa il maggior numero di osservazioni di carcasse, si può ipotizzare che le potenziali prede, abituate all’assenza di predatori, utilizzassero ancora “imprudentemente” ambienti aperti vicino ai sentieri da noi percorsi e che fosse quindi più facile rinvenirne i resti.
Nel 2019, con la prima cucciolata il branco è passato da 2 a 5 individui e si sono osservate alcune differenze nel consumo delle carcasse, che si presentavano in quasi tutti i casi integralmente utilizzate. Inoltre, si sono rinvenute in numero maggiore (14) carcasse di cervo (generalmente femmine adulte, giovani ed in tre casi maschi adulti) rispetto ai mufloni (4 osservazioni).
Nel 2020, c’è stato un calo significativo delle osservazioni di carcasse, soprattutto nella prima metà dell’anno, durante la quale i lupi, rispetto agli anni precedenti, hanno frequentato maggiormente ambienti chiusi e di difficile accesso. Complessivamente sono state registrate 8 osservazioni di predazione di cervo, 2 di muflone e 2 di capriolo. Con la presenza di 10 lupi nel branco si è quasi sempre osservato un consumo completo delle carcasse, ad eccezione del pelo, del contenuto stomacale e di alcune ossa.
Anche se le differenze nel consumo delle prede e nei numeri sono evidenti, va sottolineato che queste osservazioni, raccolte in modo opportunistico, forniscono solo un quadro indicativo e non necessariamente fedele delle dinamiche prede-predatore in atto, la cui comprensione richiederebbe monitoraggi più mirati.
Per approfondire ulteriormente il tema abbiamo chiesto alcuni riscontri al faunista Fabio Dartora, che monitora i lupi, fin dal loro arrivo, nel massiccio del Grappa. Si tratta di un territorio geograficamente vicino, ma al contempo diverso rispetto al territorio del Parco, ed in cui è maggiore la densità di allevamenti e minore la presenza di ungulati come cervi e mufloni.
In merito al diverso tipo di prede utilizzate nel tempo, posso confermare che qualcosa di simile è stato osservato anche per il branco di lupi del massiccio del Grappa, colonizzato dalla coppia alfa nella primavera del 2016. Inizialmente, se pure i lupi fossero presenti, non ho rinvenuto resti di predazioni per tutto il periodo estivo; solo a partire da settembre dello stesso anno ho invece osservato come la coppia utilizzasse principalmente scarti provenienti dalle diffuse attività di zootecnia stanziale e di transumanza, quali in particolare scarti di macellazione, agnelli morti ed altra necromassa. Non sono mancati inoltre episodi di predazione su domestico in particolare ai danni di ovini appartenenti alle grandi greggi transumanti e manze in alpeggio sotto i due quintali. Con l’autunno ho iniziato a trovare anche carcasse di prede selvatiche, con una prevalenza di capriolo e, in minore quantità, di camoscio; meno frequente invece la predazione di muflone e cervo. Se pure l’utilizzo preferenziale di queste 2 specie si sia confermato anche in seguito, va sottolineato che questi ungulati frequentano ambienti aperti e che quindi il dato può essere anche legato alla maggior facilità di rinvenimento delle carcasse.
Per quanto riguarda invece il diverso grado di consumo delle carcasse, dalle mie osservazioni questo non risulterebbe collegato solo alle fluttuazioni del numero di individui del branco, ma anche alle diverse abitudini alimentari dei lupi nelle diverse stagioni. Anche sul Grappa, in presenza della sola coppia alfa (2016), il livello di consumo è risultato limitato e stimabile intorno al 60% su capriolo e al 50 % su camoscio. Con l’avvenuta riproduzione, nel 2017 e 2018, ho osservato, a partire dal periodo estivo, un significativo incremento del consumo della polpa; questo perché probabilmente la coppia di lupi in questa fase portava il cibo ai cuccioli rigurgitando la carne. Ad inizio autunno, il consumo delle carcasse risultava pressoché completo, ad eccezione del rumine e di pochi altri resti. Del resto, questo è compatibile con il fatto che in autunno la coppia alfa comincia a portare ai cuccioli ormai cresciuti le prede a pezzi piuttosto che i soli rigurgiti. L’elevato grado di consumo delle carcasse è proseguito anche durante l’inverno, periodo nel quale l’intero branco spesso si reca direttamente sul luogo della predazione per consumare la carcassa. Solo a inizio primavera, dopo la partenza dei giovani in dispersione, abbiamo ricominciato ad osservare prede ancora abbastanza intatte.
In chiave ecologica è interessante osservare che questa disponibilità di risorse trofiche lasciata dai lupi nel periodo primaverile coincide con la fase di svezzamento della prole di varie specie necrofaghe quali volpe, tasso, faina, corvidi, aquila e grifone, che in questo periodo risultano particolarmente attive nella ricerca di cibo e che quindi possono trarre significativi vantaggi dalla nuova situazione. Inoltre, la disponibilità trofica derivante dalla presenza delle carcasse parzialmente consumate lasciate dai lupi potrebbe indurre specie predatrici quali la volpe a limitare la ricerca di altre prede e quindi ridurre il disturbo recato alle arene di canto e alle covate di tetraonidi, come in particolare gallo cedrone e gallo forcello, ancora ben diffusi nei boschi e nelle radure del massiccio del Grappa.
Testo di Fabio Dartora e Ivan Mazzon