Lungo il sentiero #23
Il ritorno naturale del lupo ha risvegliato contrasti vecchi di centinaia di anni (Tracce nella storia) e in un’epoca in cui il lupo non può più essere cacciato la soluzione di tali conflitti va ricercata nella convivenza. Il processo di ricolonizzazione da parte di questo grande canide dei territori che un tempo occupava, è avvenuto in maniera graduale a partire dagli anni ’70, dopo che la specie, sull’orlo dell’estinzione, fu dichiarata protetta.
Tuttavia nell’arco alpino orientale e nel Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi il suo ritorno è storia recente (L’inizio di un ritorno), avvenuto dopo quasi due secoli di assenza. Da allora diverse generazioni si sono susseguite senza la presenza del predatore e ora, la consapevolezza che i nostri boschi sono tornati ad essere la casa di questo emblematico animale, genera emozioni forti e sicuramente contrastanti. C’è chi li adora in maniera quasi morbosa e chi li ritiene un pericolo per le persone e soprattutto per i bambini. Ma la verità, come spesso succede, sta nel mezzo: i lupi infatti sono predatori al vertice della catena alimentare in grado di abbattere prede anche più grosse di loro, ma alla vista dell’uomo scappano, memori del fatto che per centinaia di anni sono stati perseguitati in maniera indiscriminata.
Se quindi possiamo affermare che non c’è nessun pericolo per l’essere umano, non si può dire lo stesso per il bestiame domestico, che in condizioni di scarsa protezione viene spesso preso di mira. Il lupo, da buon opportunista qual è, non si lascia infatti sfuggire la possibilità di un pasto facile, piuttosto che spendere energie ad inseguire e abbattere prede selvatiche di tutt’altro vigore. Il suo ritorno entra quindi in contrasto con importanti attività e tradizioni della gente di montagna, il cui fragile equilibrio era già messo a dura prova dal cambio dei modelli economici e da una politica poco attenta a preservare le tradizioni alpine locali (post 20). Il lupo diventa così la goccia che fa traboccare il vaso o il capro espiatorio (a seconda dei punti di vista) laddove ancora una volta gli allevatori, lasciati in balia del caso, non sanno come affrontare la situazione.
Il compito delle istituzioni dev’essere quello di gestire i problemi e favorire così il complesso processo della convivenza con il lupo, nella consapevolezza che questo animale gioca un ruolo fondamentale per gli equilibri dell’ecosistema naturale (post 19). I mezzi di prevenzione agli attacchi al bestiame domestico esistono e sono diversi in base al tipo di animali da proteggere; pertanto l’applicazione va valutata caso per caso. Il Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi ha intrapreso questa strada con l’intento di salvaguardare entrambe le parti. A malga Erera la famiglia Giacometti ha preso atto della presenza del predatore, con il quale convive oramai da tre stagioni, e con la consulenza degli organi preposti ha messo in atto le azioni di prevenzione consigliate come quelle di lasciare a valle i vitelli e le manze più giovani, proteggere gli animali durante la notte con un recinto fisso costruito ad hoc per i bovini e mantenere sempre un certo livello di sorveglianza.
L’immagine ritrae il malgaro Adil Pocha che accompagna le vacche all’interno della stalla per la mungitura quotidiana; dal latte derivano prodotti caseari di pregiata qualità e lavorati in loco, quali burro, formaggi e soprattutto lo “Schiz” formaggio tipico della provincia di Belluno, nato appunto nelle malghe di montagna.
Testo di Ivan Mazzon