Lungo il sentiero #11
Il morso al collo è l’arma letale usata dal lupo per uccidere le sue prede. La presa viene portata sulla parte alta, nella zona dietro la mandibola, dove passano il nervo vago e la carotide. In questo tratto dell’arteria carotide sono presenti dei sensori della pressione sanguigna, sensibili alla distensione e alla compressione della parete del vaso. La forte compressione esercitata dal morso del lupo determina un aumento di pressione, che i sensori cercano di compensare abbassando il ritmo cardiaco, riducendo la portata del flusso sanguigno e dilatando i vasi. Anche il nervo vago controlla il ritmo cardiaco e una sua compressione induce una riduzione del numero di battiti del cuore. L’effetto combinato di questi scompensi determina la morte della preda in pochi secondi, per collasso cardiocircolatorio. La velocità e l’efficacia di questa tecnica consentono al lupo di uccidere in tempi brevi, con un minimo dispendio di energia e riducendo i rischi di possibili ferite, dovute alla reazione violenta della preda. Quando viene ritrovata la carcassa di un animale ucciso gli operatori del Parco raccolgono, con un tampone sterile, le tracce di saliva che si trovano in corrispondenza dei fori lasciati dai denti del lupo sul collo della sua vittima, come visibile in questa immagine. Nella saliva sono presenti cellule della mucosa boccale del lupo, dalle quali è possibile estrarre ed analizzare il DNA. Queste analisi genetiche sono uno degli strumenti principali utilizzati per monitorare i lupi, perché consentono di identificare il singolo individuo, di ricostruire la composizione del branco e di conoscere il numero minimo di soggetti presenti nel territorio.
Testo di Enrico Vettorazzo – PNDB